L'arbitro guarda prima
a destra e poi a sinistra. Carica il braccio e lancia la palla in
alto.
Prima che inizi la parabola discendente, le tensioni accumulate sino a quel momento si scaricano in un brivido di adrenalina.
Tutto inizia due ore prima, quando arrivi al palazzetto che
neanche hanno aperto i cancelli.
Passeggi nervosamente. Attacchi briga
con le guardie ai varchi, tanto per far passare il tempo. Compri la sciarpa, l'ennesima, che poi
regalerai a qualche amico.
Finalmente ti fanno entrare, fai
lo scalone di cemento armato a tre a tre. Una volta dentro, solo,
puoi sceglierti il posto migliore. Non troppo in basso, ché davanti
avresti quelli della stampa. Né troppo in alto, perché altrimenti
tanto valeva arrivare all'ultimo. Al centro sarebbe perfetto, se non
fosse per gli spifferi di aria gelida, anche a maggio, che vengono
dalle porte antincendio, rigorosamente spalancate.
Dopo qualche minuto qualcuno inizia a
riscaldarsi. Primi arrivano i ragazzini, quelli che servono a fare
numero e raccogliere gli asciugamani dei giocatori che entrano in
campo. Come loro, ne approfitti per riscaldarti anche tu. Provi la
posizione seduta, quella in piedi, lo scatto improvviso a pugno
chiuso e l'urlo liberatorio. Tanto non ti vede nessuno. Tranne i
ragazzini. Ma loro non contano.

Dopo un tempo interminabile arrivano
gli altri. Il pivot lungo e sottile e il play così piccolo che per
un attimo fa credere anche a te che potresti giocare a basket. Poi la
guardia, che ogni volta che segna cadendo fa due flessioni per impressionare gli avversari. E l'ala piccola, così giovane che
potrebbe essere tuo figlio. Ultima l'ala grande, che ha braccia lunghe
e intelligenza d'altri tempi. Finalmente iniziano a fare la treccia e
provare i tiri. Da sotto, dalla media, da lontano. Non entrano,
meglio così: vorrà dire che entreranno tutti in partita. Entrano,
ancora meglio: vuol dire che oggi la mano è calda e non ce n'è per
nessuno. Guardi negli occhi i giocatori per leggerne l'umore e
la voglia.
Ad un certo punto escono tutti. Il
palazzetto, intanto pieno, si zittisce. Dopo un attimo in cui
trattieni il respiro, i giocatori rientrano correndo in fila indiana.
Go West a tutto volume dagli altoparlanti che gracchiano. Sei in
piedi ad applaudire e così il tuo vicino e tutti gli altri vicini,
sino alla curva opposta.
Finito il rito dell'appello, il pivot
prova i liberi mentre tutti gli altri vanno verso la panchina. Ne
tira sino a quando non entrano due di fila. A volte può essere un
tempo piuttosto lungo. Vedi mani che si battono e urla feroci gridate
da pochi centimetri. I cinque prescelti tolgono la casacca da
allenamento e vanno verso il centro del campo.
L'arbitro guarda prima
a destra e poi a sinistra. Carica il braccio e lancia la palla in
alto.
Tremi con la stessa energia con la quale il bing bang ha dato avvio al mondo.
Si inizia.