“Ma i nostri dirigenti sono tutti lì
per una riunione”
“Mi dispiace, i carabinieri sono già
partiti e stanno arrivando da voi.”
Nel lungo corridoio si fa il punto tra i presenti. Ci rassicuriamo a vicenda che ci daremo una mano per
gestire l'emergenza.
Più tardi, mentre sono al telefono, si
affaccia un collega e mi fa il segno delle manette.
Metto giù immediatamente. Sono in 3 e in borghese. Due sono più alti di me, pelati
e con un accenno di panza. Uno, il più giovane, è il poliziotto
buono e accenna un sorriso. L'altro è quello cattivo. Mi guarda
torvo, anche la panza incute timore. Il terzo è più basso, con dei
baffi da quadro dell'ottocento e i capelli lunghi. E' vestito in modo trasandato. E' uno di quelli abituati ad infliltrarsi, si capisce
subito.
“Posso esservi utile?”, dico.
Alle mie spalle sento il suono
impercettibile delle porte degli altri uffici che si chiudono.
Inizio a pensare di aver commesso un
errore.
“Non risponde, non risponde”, urla
dall'ufficio di fianco un mio collega.
“Dobbiamo acquisire documentazione sui finanziamenti alle imprese”. Ma
col tono di 'mani dietro la testa e in ginocchio'.
“Quale tipo di finanziamenti?”,
chiedo per capire a chi indirizzarli.
“Quelli alle imprese. E' questo
Sviluppo Economico?”, e per un attimo ho come l'impressione che
abbia fatto scattare il fucile a pompa.
“Non risponde, non risponde”, urla
dall'ufficio di fianco un mio collega.
“Sì, il Settore è questo. Ma qui ci
occupiamo di agricoltura. Nella sede centrale c'è invece chi si
occupa di attività produttive. Sono finanziamenti alle imprese
agricole?”, chiedo ancora. Ed è probabilmente una delle cose più
azzardate che io abbia mai fatto.
“Imprese e basta. Dov'è il capo?”.
Ed ho l'impressione che l'infiltrato si sia spostato alle mie spalle
pronto a colpirmi.
“Ci interessa il Progetto 307”,
dice quello buono con un sorriso. Mettendosi tra me e l'infiltrato.
“Non risponde, non risponde”, urla
dall'ufficio di fianco il mio collega.
“Prova a chiamare Michela - dico al
collega - mi sembra sia lei la responsabile del
progetto”. Le armi rientrano temporaneamente nella fondina.
Attimi di tensione. Il telefono squilla
a lungo. Finalmente qualcuno risponde. Il collega fa un cenno di
assenso.
“Abbiamo trovato chi ha i documenti –
dico al cattivo, pesando le parole – solo, mi dispiace, dovreste
tornare alla sede centrale. Il fascicolo è lì.”
“Ma noi cerchiamo Sviluppo Economico
– ringhia facendo un passo verso di me – è questo?”.
“Sì, il Settore è questo. Ma qui ci
occupiamo di agricoltura". Gli mostro la giugulare, per calmarlo.
"Nella sede centrale c'è chi si occupa di attività
produttive ed ha seguito questo progetto”, aggiunge il mio collega dall'ufficio di fianco. Ma basta uno sguardo al manganello perché riprenda a mormorare, sempre più fievolmente, "Non risponde, non risponde" guardando nel vuoto.
“Qui c'è o no documentazione relativa
al progetto?”. L'infiltrato scivola di nuovo dietro di me.
Sento il suo fiato.
Guardo il cattivo, poi guardo il buono.
Cerco un po' di coraggio.
“No.”, con un filo di voce.
“Siamo sicuri?” e sento la cipolla
cruda che l'infiltrato ha mangiato ieri, la sento dall'orecchio.
“Sì – sottolineo con
convinzione e cenni del capo - perché qui ci occupiamo solo di
aziende agricole. Non di questo progetto. Mentre in sede... vi faccio
vedere l'organigramma?”.
“Abbiamo capito”. Si guardano tra
di loro, io intanto mi metto a uovo per proteggermi. Il collega
trattiene il respiro mentre scivola sotto la scrivania.
Ad un cenno del cattivo vanno via, senza salutare e con
passi rumorosi lungo il corridoio buio.
Varcato l'ingresso le prime porte
iniziano ad aprirsi. Lame di luce riportano il giorno, nell'aria il
rosario di Radio Maria. Come sempre alle 11, la mia collega Tina ci tiene
tanto.
Ci abbracciamo tutti.
Arrivano i dirigenti.
Kafkiano!
RispondiElimina