Le sette del mattino di un lavorativo
lunedì, abusivo tra Natale e Capodanno. C'è nebbia dalla quale
spuntano i rami spogli dei noccioli e i fanali dei camion diretti a
nord. Lulù e Coccobill, un barboncino decaduto e un incrocio non
districabile, si ringhiano vicendevolmente per gli avanzi di lasagna.
Vince Lulù, ad ogni modo.
Isolato lungo la strada provinciale sta
il bar Oasi Verde, proprio di fronte al cimitero. Voci confuse che si
sovrappongono ti accolgono già dal parcheggio, auto degli anni '80
sfidano la fisica per conquistarsi un posto. Fuori il campo da bocce
di ordinanza e i tavolini del tressette. Altre voci si sovrappongono,
sono di qualche anno fa, dei tempi dei primi cellulari, quando da
quello di mio padre partivano involontarie chiamate nei momenti
chiave delle partite. Le prime volte mettevo giù sacramentando, poi,
col tempo, ho iniziato ad appassionarmi. E a me quell'Ernesto con tutti i suoi assi non me l'ha mai
raccontata giusta. Sul retro il campo di calcetto in terra battuta,
teatro delle prime edizioni del “Torneo Paesano”, l'occasione
annuale durante la quale si regolavano conti e si stabilivano
gerarchie per l'anno a venire. Una gabbia circondata da tutti i lati
da una rete, compreso l'alto; entravi sapendo quello che ti
aspettava.
Anche dentro al bar c'è nebbia, o
almeno così mi sembra. Pesanti giubbini blu e cappelli di lana
calcati sulla testa si addensano al bancone. Un caffè alla nocciola,
chiedo quando finalmente riesco a intrufolarmi. Rigorosamente in
vetro e a duecento gradi. Tutti bevono d'un fiato; io, vergognandomi,
aspetto un po' che si raffreddi. Ah, che bellu café, sule a Napule o
sanne fa'. Ma pure a Montoro non scherzano.
Quando esco respiro a pieni polmoni
l'aria pungente del mattino e il profumo dei caffè bevuti dagli
altri. Sorridono tutti, sorrido per contagio. A questo punto mi
sentirei pronto anch'io per andare a lavorare in un abusivo lunedì
lavorativo tra Natale e Capodanno, probabilmente in nero e
sottopagato. E invece aspetto che una Ritmo parta sgommando e mi
allontano verso casa, colpevolmente in ferie pagate.
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