In un pomeriggio di sole, dopo mesi di nuvole, nell'aria un profumo che conosco.
In via San Felice potrebbe essere il profumo calorico dei
cornetti di Laganà e della ricotta che trabocca. In un bar sempre
troppo buio i dolci ti guardano lungo il percorso infinito per arrivare al banco.
In via Pescherie Vecchie
potrebbe essere il profumo colorato della verdura di stagione. Dei
fruttivendoli pachistani che discutono con anziani malfermi del tempo, dei prezzi, e della
Bologna di una volta.
In via Caprarie potrebbe essere il
profumo frizzante della spuma nera Baladin, quella con le bollicine
dolciastre che sanno di quando mia mamma era bambina. E della
gianduia liquida, fuori menù, solo per gli iniziati come me.
In via Zamboni, nella piazzetta San
Donato, potrebbe essere il profumo gioioso della primavera delle
studentesse. Ridendo risalgono o riscendono. Di certo non
studiano, ma per quello c'è sempre tempo, oppure non ce n'è più e
non vale la pena crucciarsi.
In via Oberdan potrebbe essere il
profumo del caffè di Terzi, il “Medellin supremo” che sa
di cioccolato, o l'”India Parchment”, potente e aggressivo.
Della cortesia dei camerieri a cui non bisogna abituarsi perché il
mondo, quello vero oltre la vetrina, è completamente diverso.
Potrebbe essere, ma non è lui.
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