Mi sorpassa mentre lento torno da fare la spesa. Una busta pesante per mano ad imbrigliarmi l'andatura. Avrà 4 o 5 anni e una bici alla quale da poco sono state tolte le rotelle.
Zigzaga incerto, attraversando continuamente il marciapiede da parte a parte, sempre ad un soffio dal cadere. Mi guardo attorno, non capisco perché non ci sia un adulto con lui.
Poi, per un attimo, ad una delle pieghe, riesco a vedere il suo sguardo attento. E mi rendo conto che l'andare sinuoso è il frutto della sua lucida volontà. Che ad ogni sterzata sfida la sua capacità di controllo uscendone vincitore. Che con destrezza evita ostacoli che vede meglio di me, sfiorandoli e facendosene beffe.
La differenza tra rimbalzare e sterzare, tra incapacità e maestria, tra subire e governare, sta tutta nello sguardo. Quello che decidiamo di rivolgere a ciò che ci circonda.
Prendo nota mentalmente mentre il bimbo cade dal marciapiede piantandosi sulla ruota anteriore. O, meglio, con una fulminea piroetta ritrova l'equilibrio e riparte.
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