martedì 30 luglio 2013

Allucinazioni post-concorsuali

Un altro mondo è possibile.

Concorsone nell'appennino bolognese. 130 candidati per un posto da responsabile dello sportello al cittadino. Posto probabilmente già assegnato, visti i tempi insolitamente stretti ed estivi della selezione. Un'umanità varia mi circonda e non posso non pensare a 10 mesi prima, quando ero all'EPSO per una selezione dell'Unione Europea. A Brussels avrei pagato per poter lavorare con gli altri ragazzi che ho conosciuto lì, nella penombra dell'androne della vecchia scuola il primo pensiero è stato quello di scappar via.

Per circa 10 minuti un tizio blocca la fila per il riconoscimento perché è senza documenti. Ha solo un rettangolino plastificato che lui sa essere validissimo. Alla fine lo fanno entrare. Io lo avrei cacciato. Non per il documento, ma per prevenzione. Uno così, che anche se sa che deve portarsi la patente o la carta d'identità, appositamente si porta una cosa diversa reclamando diritti, sarà solo un rompicoglioni in più in ufficio.

Attendiamo per un'ora seduti in un banchetto da scuola media. Un vigile urbano armato gira per le aule e saluta, soprattutto le ragazze. Solo all'ultimo momento, mentre stanno consegnando le prove, alcuni si ricordano di dover fare pipì.

Finalmente si parte. 60 domande in un'ora. Il posto, come detto, è per responsabile dello sportello al cittadino (una specie di URP con qualche funzione in più). Solo una domanda riguarda la legge 150 del 2000 (quella, appunto, che istituisce e disciplina gli URP), oltre 30 riguardano invece anagrafe e stato civile, un'altra decina il bilancio. L'ipotesi che il posto sia già assegnato prende sempre più corpo.




Dopo 25 minuti consegno e vado via. Ho risposto a tutto. Più o meno inventando sull'anagrafe.

Nel corridoio mi ferma una voce sottile. “Vai a Bologna? Mi daresti un passaggio in stazione?”
In quei 40 chilometri scopro che la voce si concretizza in un metro e sessanta di minuta bellezza mediterranea con accento anglo-milanese, laurea in economia ed esperienza decennale in una multinazionale a Londra. Ha deciso di cambiar vita e tornare in Italia. Ora fa un master in relazioni internazionali, nel mentre prova concorsi pubblici.

Tento di dissuaderla in tutti i modi. Le parlo delle selezioni mai basate sul potenziale, dei salari bassi e delle carriere bloccate, nella scarsa incidenza della retribuzione variabile nel premiare il merito. Del pubblico impiego utilizzato per decenni come ammortizzatore sociale. Del deficit di innovazione causa blocco delle assunzioni. E invece vince lei. Mi ribatte parlando dei civil servants in Inghilterra e di come il loro ruolo sia apprezzato e importante. Mi parla degli snellimenti burocratici e procedurali, dell'efficacia di un sano sistema incentivante sull'ottimizzazione dei processi.

Le dico che nel mio ufficio non sono neanche riuscito a convincere i miei colleghi a usare la posta elettronica certificata. Mi guarda fissa e mi sorride. Mi dice che proprio per questo siamo necessari: per fare la rivoluzione.

Forse lo dico perché a quel punto ne ero già follemente innamorato, ma io con lei, e con altri come lei, so che la rivoluzione, insieme, potremmo farla.

Un altro mondo è possibile. Ho le prove.

giovedì 4 luglio 2013

L'erba bagnata

Esco presto. Le strade vuote e la timida afa mattutina.
Una brezza leggera mi spinge, pedalo a testa alta.
I cinguettii dal parco che costeggio
mi portano il profumo dell'erba bagnata.


Un uomo in tuta da lavoro affonda i piedi nel prato.
Con la sinistra regge i pensieri che nella testa gli stanno.
Lo sguardo corrucciato e perso, verso l'orizzonte.
Piscia sulle margheritine e i grilli addormentati.