giovedì 26 giugno 2014

Due cuori e una corsia


Arriviamo insieme nel parcheggio sotterraneo. Lei trova posto nell'area B, di fronte alle scale mobili. Io appena più in là, oltre la Panda blu di un'anziana signora.

Ne seguo il profumo lungo il corridoio delle verdure. E' più forte dei meloni maturi, della menta, dei pomodori di stagione. Zigzago tra i carrelli e ci incontriamo alla bilancia. 'Prego, prima lei'. 'Grazie', mi sorride. Ci precede però una signora sulla settantina, dal passo malfermo e dallo scatto feroce.

Mi raggiunge più tardi al banco frigo. Mi accorgo di lei dalla sua mano sottile che quasi mi sfiora per raggiungere uno yoghurt cremoso alla frutta. Mi volto, si volta. 'Scusi, mi prende il latte fresco lì in alto?', mi distrae improvvisa una voce. Il tempo di voltarmi e l'attimo è passato.

Ci incrociamo, affianchiamo, intrecciamo di continuo. Di corsia in corsia. La pasta è quella di Gragnano per entrambi. Ci piace la cioccolata fondente extra. Abbiamo in programma una grigliata: spiedini e pancetta per me, salsiccia e puntine per lei. I carrelli sono muti testimoni di una crescente affinità.

Alla scelta dei vini mi conquista definitivamente. La vedo di fronte ai rossi mentre ripone sicura un Taurasi del 2008. Vorrei quasi abbracciarla. Ci separa però un carrello abbandonato. Quando viene spostato dall'attempata proprietaria affezionata al Tavernello, lei è già in fila alla cassa.

Ci rivediamo infine al parcheggio sotterraneo. Di sfuggita le lancio uno sguardo che pronta mi restituisce rilanciando con un sorriso. Mentre carica la spesa nel bagagliaio una delle buste si rompe. Come in un sogno lascio cadere la mia spesa e mi lancio verso di lei. A metà del volo mi risveglia un colpo di clacson e lo stridìo di una frenata. La Panda blu completa la retromarcia e riparte sgommando. Una mano ossuta mi invita ad andare altrove.

Lei è ancora lì, alle prese con la busta rotta. L'aiuta con straordinaria cordialità uno dei buttafuori del supermercato, divisa blu con bicipiti a vista e petto depilato d'ordinanza. L'aiuta per un tempo indefinito, riponendo i prodotti caduti uno ad uno.

Impietrito assisto sino all'invito ad andare altrove che il buttafuori, di nascosto da lei, mi rivolge con un gesto secco. Ripulito il jeans dallo yoghurt che la Panda fatale ha proiettato tutto intorno metto in moto e vado via.

domenica 22 giugno 2014

La prima maledetta


Da ragazzini si giocava in spiaggia tutti i giorni, da fine giugno a inizio settembre. Tra l'ultima fila degli ombrelloni e le cabine in muratura. Partite anche 11 contro 11, rigorosamente da mezzogiorno in poi. Si smetteva solo quando evidenti ragioni mediche, o mamme urlanti dall'ombrellone, fissavano il risultato finale. 

A volte la sabbia scottava così tanto, il sole picchiava così forte, che l'unica cosa da fare era scavare una buca nella sabbia e rimanere lì impietriti sperando che il pallone andasse da un'altra parte. 


Si giocava col SuperSantos, ne erano necessari almeno un paio a partita perché il primo si perdeva sempre nella pineta al di là della rete. Qualche volta, quando buttava male e i tiri sbilenchi avevano il sopravvento, si ricorreva anche ai SuperTele dei fratellini minori. Fu proprio in una di quelle occasioni, anche se nessuno lo sa, che nacque la maledetta. Prima di Pirlo, prima di Roberto Carlos. 


Eravamo allo scadere, lo si capiva dalla mamma del portiere che, prendisole azzurro e borsa di tela a tracolla, ci fissava da dietro la porta. L'ala sinistra si accorse di una palla vagante al limite dell'area e fece per andarle incontro. Cadde. Ci fu chi gridò al rigore, chi alla punizione, chi invece alla simulazione. Nella confusione decise la mamma del portiere: era rigore, ma poi si andava via.


Presi la palla con decisione e dopo una breve contrattazione con il capitano avversario stabilimmo l'equa distanza per il dischetto del rigore: circa a metà campo. Preparai allora la collinetta sulla quale adagiare il SuperTele giallo. Feci attenzione che la valvola fosse dalla parte che avrei colpito.


Nel frattempo il portiere si esibì nel suo rituale. Aggiustò i pali, estraendo e reinserendo, dopo averle ripulite dalla sabbia, le ciabatte destra e sinistra di sua sorella. Per innervosirmi calcò col piede destro la riga di porta in un lento moonwalking.


Lo fissai a lungo e lui fissò me. Decisi per la rincorsa breve, per non dargli punti di riferimento. Quando sua mamma mi diede il via indicando indispettita l'orologio, feci un mezzo passo e calciai con tutta la forza che avevo verso il palo destro. 


Colpii con l'alluce. La palla si impennò immediatamente. Era già a metà tragitto quando con calcolato effetto, e soprattutto l'aiuto del vento che da terra andava verso il mare, cambiò improvvisamente direzione puntando verso il basso e a sinistra. Il portiere rimase immobile, sbilanciato irrimediabilmente. Potè solo osservare la palla che acquistava velocità ad ogni giro su se stessa. Come una saetta andò a schiantarsi sulla punta della ciabatta. Palo.


'Maledetta', urlai. Ma era finita. Il portiere fu portato in trionfo dalla mamma che lo teneva per un orecchio. Gli altri già correvano urlando verso il mare. 


In silenzio, a metà guancia, evaporò la lacrima che versai.


martedì 10 giugno 2014

E alla fine arrivano i grilli



Per le vie del ghetto l'aria è ferma. Solo io e lei ci muoviamo, lenti ed affiancati. Passeggiamo senza meta, di tacito accordo, per rendere più lunga, lunga all'infinito, una sera di fine primavera.

All'inizio è il gelato. È buonissimo, mi dice, cremino ludovico e cioccolato fondente, in quella gelateria in Castiglione dall'altra parte del centro. Arrivati, però, cambiamo idea. È la volta del kebab. Dal kebabbaro migliore della città, propongo, al limitare del Pratello. E se fosse invece una birra chiara e alla spina al fresco del giardino botanico? Concordiamo, per poterci sussurrare all'orecchio, fingendo fastidio per la musica alta del gruppo sul palco.


Finiamo infine su una panchina di un piccolo parco in periferia. Di fronte le luci irregolari delle tv ancora accese. Sopra il cielo senza luna puntellato di stelle. Intorno i grilli che cantano e un treno lontano che va verso sud.


Mi guarda in silenzio. La guardo.