Dyna, devo dirtelo, c'è un'altra.
No, non è colpa tua. E' colpa
dell'attrito, via via aumentato, che rende difficile andare avanti e
arrivare al lavoro tutte le mattine. E' colpa dell'incertezza
quotidiana davanti agli ostacoli improvvisi così come agli incroci
conosciuti. E' colpa di un rapporto bloccato nonostante i miei sforzi.
Accade per caso. Una riunione
improvvisa alla sede centrale, convocata all'ultimo minuto. C'è il
sole e lo sciopero dei bus. E così la vedo nonostante il buio del
garage interrato. Gomme lisce e sottili, luccicante alle lame di luce
che cadono dalle grate.
Partiamo timidi, prendendo le misure a
vicenda. Ma è questione di un attimo. Già in via San Felice voliamo
sull'asfalto beffandoci delle buche. Con azzardo rallentiamo solo
all'ultimo al semaforo di via Ugo Bassi. Scaliamo i rapporti
inseguendo il vento tra i bus in via Rizzoli. Quando parcheggio al 13
di via Zamboni ho il fiato corto e il cuore a mille.
Durante la riunione, però, penso. E
capisco. Non è venuto meno l'affetto per te, da te infatti torno
a sera. Ma mi mancavano le sicurezze della normalità. L'adrenalitico
rapporto che ci lega mi aveva fatto dimenticare piccole gioie
quotidiane. Come frenare, ad esempio. O accelerare scattando sui
pedali, senza paura che si stacchino all'improvviso mettendo a
rischio le mie capacità procreative.
Ma la normalità è noia. Funziona solo
quando è eccezione.
Per questo, allora, riprendiamo a
rischiare insieme.
Sino a che la ripetizione del rischio
non lo renderà noia a sua volta.
Dyna, devo dirtelo, c'è un'altra. Ma
non conta.
Per ora.