domenica 13 aprile 2014

La mezza rovesciata



Lo incontri al supermercato, nella corsia dei detersivi. Al collo appesa una duenne affettuosa. Con la destra, invece, tiene sotto controllo il grande, quattro anni in cerca di autonomia. Porta avanti un carrello pieno a metà. L'occhio è appannato, la mente altrove. Lei lo precede di un metro e con rapidi e secchi gesti della destra ne guida i movimenti, mentre attenta valuta lo scaffale degli ammorbidenti.

A casa con cura prepara la borsa. Prima le ciabatte, poi il ricambio della biancheria, l'accappatoio. “Ricordati il phon, ché altrimenti ti viene il mal di testa”. Infine, il completino. Un bacio alla bimba, la borsa a tracolla, nella destra l'indifferenziata.

Arriva al campo per tempo, quaranta minuti prima. Gli piace vestirsi da solo; nello spogliatoio deserto sentire il rimbombo della borsa quando la lascia cadere. Gli piace avviarsi al campo a passi lenti e misurati. Sentire l'aria fredda nei polmoni. Iniziare il riscaldamento.

Metodico, fa sempre quattro giri di campo, poi inizia i cambi di velocità, con tanti scatti brevi. Durante lo stretching arrivano gli altri che subito, come bambini, si gettano alla rincorsa del pallone.

Finalmente tutti si schierano. Uno scambio di sguardi e la partita ha inizio. Gioca sulla fascia, in quel corridoio nel quale a perdifiato diventi decisivo per la tua squadra, con energici recuperi difensivi e intuizioni offensive che ti fanno vedere spazi che gli altri non vedono.

Al primo scatto tenta uno stop a seguire ma la palla, infida, sfugge via in fallo laterale. Tenta un contrasto con l'avversario grosso, una gomitata involontaria lo stordisce, allarga le gambe, la palla passa in mezzo. In un'azione offensiva taglia alle spalle del difensore, il passaggio è col contagiri, carica il destro e rilascia. Forse un rimbalzo irregolare, o un'esitazione all'ultimo secondo. Manca la palla e nello slancio fa un giro su se stesso, cade a pancia all'aria. Ha male, alcuni ridono, i compagni di squadra si incazzano.

Si segnano gol da una parte e dall'altra. Il ritmo dei respiri diventa sempre più serrato, in bocca il sapore del sangue rappreso e la frustrazione delle aspettative deluse. “Chi segna, vince”, decreta il capitano degli altri. Tutti annuiscono, tirando il fiato. Dal fallo laterale la palla finisce a metà strada tra due, nel conseguente contrasto si impenna, uno della sua squadra salta e di testa la indirizza verso l'attacco. Il pallone percorre una parabola arcuata e lenta e lui è lì, a 4 metri dalla porta avversaria, la mano sul fianco a stringere la milza che duole. Ha il tempo di alzare lo sguardo, fare un passo avanti e, spalle alla porta, provare un calcio di destro torcendosi e sbilanciandosi all'indietro.

Nei suoi ricordi,nei racconti al bar, al lavoro, e dal panettiere il sabato mattina, sarà una mezza rovesciata. La palla velocissima e potente si insacca non prima di aver colpito la traversa ed avere danzato, carica di effetto, sulla linea rimbalzando prima fuori e poi dentro. Il portiere inerme a bocca aperta. Quello grosso con l'occhio appannato e spento, i gomiti che arrancano nell'aria.

Corre sino alla propria porta. Li abbraccia e bacia uno per uno. Si toglie la maglia e la lancia in aria. Tutti sorridono. Pure quello grosso gli stringe la mano. Ancora sudato, nell'aria fredda della sera, chiama a casa. “Sì, torno subito. Giusto, è il giorno dell'umido”.

Senza la doccia, con un piacere interrotto a metà, mette in moto e si allontana.

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