sabato 21 settembre 2013

"Mister, mi scaldo?", "No, che poi ti stanchi".



Torneo interaziendale. Dieci squadre, partite cinque contro cinque della durata di quindici minuti. Folle di maschi sovrappeso si affrontano all'ultimo respiro. Uno dei primi, tra l'altro.
Io, vicino ai quaranta, sono il più giovane della mia squadra, la selezione della Provincia. Sento su di me il peso dell'aspettativa.

Il sorteggio va male, girone di ferro. La prima è contro la temibile armata della forestale. Gira voce, in panchina, che il loro numero 5, alto grosso e peloso, si sia preparato alla partita con 3 giorni di digiuno. Il piano partita è chiaro, perdere tempo. Il pallone finisce nel bosco di fronte 3 volte, e il nostro portiere ci tiene a recuperarlo personalmente. Al 5° minuto il nostro anziano stopper finge un infarto e gli tocca subire il bocca a bocca di una delle riserve della squadra del 118. L'attacco epilettico dell'ala viene purtroppo ignorato dall'arbitro, ma salva il portiere che chiama time out. Nonostante le proteste avversarie circa l'inesistenza dei time out nel calcio. Termina zero a zero. Rimango in panchina tutta la partita.

La seconda è contro l'Alta Velocità. Operai minuti ma cattivi con un solo obiettivo, tirare sempre e comunque, anche da lontano. La tattica purtroppo frutta. Raccolgono sei gol, i due incisivi di un nostro terzino e il polso distorto del portiere, che termina qui il torneo. 'Mister, mi scaldo?', chiedo ad un certo punto. 'No, che poi ti stanchi'.

Nella terza sfidiamo l'Ordine degli Ingegneri. C'è un calo di motivazione. Il mediano inizia ad evocare le tagliatelle che pare la moglie gli abbia preparato proprio questa sera. Ma la maggioranza non vuol sentire ragioni e si continua. Gli avversari, evidentemente scapoli, non si impietosiscono e ne fanno 3. Io entro a due minuti dalla fine, il tempo di un malinteso su un retropassaggio che si infila all'angolino alto.

In panchina si litiga. Siamo in dieci e si gioca in cinque. 'Io ho già giocato diversi minuti, tocca a lui', è la frase ricorrente. In due producono un certificato medico appena redatto da quelli del 118 e conquistano la panchina. Per gli altri si ricorre al sorteggio. Mi tocca entrare dal primo minuto.

Nell'ultima partita affrontiamo l'Unione dei Comuni Valle di qualcosa. Sono brutti, vecchi e pelati come noi. Tranne 3, imberbi e probabilmente minorenni. Assunti in deroga al blocco delle assunzioni di tremontiana memoria. Il loro piano partita è semplice, palla ai ragazzini e ci pensano loro. Il nostro è essenziale, sopravvivere. Termina sorprendentemente solo 1 a 0 per loro, con grossissima papera del nostro portiere di riserva, che però da manuale, e per questo applaudito un po' da tutti, prima insulta lo stopper e poi dà la colpa al sole. Io ad un certo punto sbaglio uno stop, la palla carambola tra le gambe di uno dei ragazzini. Con un po' di buona volontà sembra un tunnel volontario, esulto con la maglia tirata sulla testa facendo il giro del campo.

Finalmente è finita, si contano i sopravvissuti. Poteva andare peggio.

Dai, il mese prossimo lo rifacciamo. Ci diciamo con convinzione. Si pensa, però, tutti alle tagliatelle.

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