martedì 22 ottobre 2013

Sacro Gra, una specie di se una notte d'inverno un viaggiatore



Ci sta uno che passa le notti in ambulanza, ci sta uno che pesca le anguille nel Tevere, ci sta uno che è nobile ma s'annoia un sacco soprattutto con i lituani, ci sta uno o una che ha una cara amica o un caro amico col camper e gli o le piace cantare, ci sta un padre anziano che disturba la figlia mentre studia, ci sta un dj di salsa e merengue, ci sta uno che ce l'ha coi parassiti, ci sta...
Ognuno ha la storia sua, ma sono storie piccole, minime, e neanche si capisce dove finiscono, ammesso che siano mai iniziate. Tranne quello con l'infarto che, non lo dicono, ma per me non ce l'ha fatta.

Niente di ché, pensa uno. E invece no.
Perché poi esco e pedalo verso casa. In via Rialto una ragazza, ricci castani che spuntano da un basco nero di traverso, gambe lunghe e sottili sotto un cappottino beige e una gonna nera e svolazzante, mi attraversa davanti e si avvia nel buio dei portici. In via Pizzardi in un bar vuoto e illuminato a giorno, un vecchio solo e vestito a festa, giacca nera camicia bianca e cravatta con nodo grosso, sfoglia il giornale del mattino ormai lontano. Il parco dell'Arcobaleno è deserto e solo mi accompagnano la luce sfocata dei lampioni e il ronzio regolare della dinamo. In via Marx le auto delle mamme si allontanano, un allenatore con in spalla una rete piena di palloni attraversa il campo di calcio per raccogliere pioli. Nella ciclabile di via Barbacci una signora, che s'intuisce esser stata bellissima, tenta di convincere un cagnetto che piedi puntati non ne vuol sapere di andare avanti e fissa terrorizzato il buio.

Se non avessi visto Sacro Gra, tutte queste storie mi sarebbero sfuggite, per sempre. Avrei saputo meno e quindi visto e percepito meno.
E sarebbe stato un peccato, no?

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