mercoledì 25 dicembre 2013

L'odore del Natale


Tutto inizia al mattino della vigilia, prima ancora della sveglia. Ogni anno è così, lo sai per esperienza, ma non serve a niente anche se ti sei barricato in camera. Non ti proteggeranno convenzioni internazionali e non sono previsti ispettori, né d'altra parte servirebbero. Niente è nascosto, tutto è palese e previsto. E' il temuto capitone. Si insinua sotto la porta, ti raggiunge nella fase più delicata del sonno. L'ultima, la più preziosa. Quella nella quale recuperi, di anno in anno sempre meno, i 700 chilometri fatti il giorno prima e arrivare a notte inoltrata. Ti coglie tra veglia e sonno, istilla incubi striscianti e maleodoranti.

Non servirà spalancare il balcone nel freddo dicembrino. Non servirà la doccia prolungata. Non servirà il caffè amaro per eliminare dalla bocca il sapore dolciastro dei tranci che sfrigolano. Anzi, peggio. I biscotti, porosi, ne sono intrisi. La ceramica delle tazzine è unta dal grasso che nell'aria si diffonde. Perfino l'acqua, se portata all'ufficio competente, comporterebbe l'arresto immediato della genitrice per indotto avvelenamento da colesterolo.

E allora vai al bar. Sperando che la fuga ti porti a luoghi incontaminati. Lì incontri gli amici. Altri reduci come te. Con occhiaie da sonno disturbato. Capelli unti. Sguardo colpevole di chi sa di portarsi dietro l'aereo stigma. Si cerca di sdrammatizzare parlandone. Oggi insalata di rinforzo, con extra cavoli – dico a uno, annusandone l'afrore. Sì, a noi il capitone non piace, mi risponde. Da noi soprattutto baccalà, autodenuncia il barista. Ci scambiamo auguri, strette di mano, odori di cui siamo profondamente intrisi.


Le auto partono sgommando verso direzioni opposte, ognuno si avvia al proprio destino ipercalorico.
A me il capitone neanche piace.

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