venerdì 13 settembre 2013

Mani in alto e fuori il fascicolo



“Pronto Agricoltura? Chiamo dalla sede centrale. Ci sono qui i carabinieri, vogliono parlare con un dirigente”
“Ma i nostri dirigenti sono tutti lì per una riunione”
“Mi dispiace, i carabinieri sono già partiti e stanno arrivando da voi.”

Nel lungo corridoio si fa il punto tra i presenti. Ci rassicuriamo a vicenda che ci daremo una mano per gestire l'emergenza.

Più tardi, mentre sono al telefono, si affaccia un collega e mi fa il segno delle manette.
Metto giù immediatamente. Sono in 3 e in borghese. Due sono più alti di me, pelati e con un accenno di panza. Uno, il più giovane, è il poliziotto buono e accenna un sorriso. L'altro è quello cattivo. Mi guarda torvo, anche la panza incute timore. Il terzo è più basso, con dei baffi da quadro dell'ottocento e i capelli lunghi. E' vestito in modo trasandato. E' uno di quelli abituati ad infliltrarsi, si capisce subito.

“Posso esservi utile?”, dico.
Alle mie spalle sento il suono impercettibile delle porte degli altri uffici che si chiudono.
Inizio a pensare di aver commesso un errore.
“Non risponde, non risponde”, urla dall'ufficio di fianco un mio collega.
“Dobbiamo acquisire documentazione sui finanziamenti alle imprese”. Ma col tono di 'mani dietro la testa e in ginocchio'.
“Quale tipo di finanziamenti?”, chiedo per capire a chi indirizzarli.
“Quelli alle imprese. E' questo Sviluppo Economico?”, e per un attimo ho come l'impressione che abbia fatto scattare il fucile a pompa.
“Non risponde, non risponde”, urla dall'ufficio di fianco un mio collega.
“Sì, il Settore è questo. Ma qui ci occupiamo di agricoltura. Nella sede centrale c'è invece chi si occupa di attività produttive. Sono finanziamenti alle imprese agricole?”, chiedo ancora. Ed è probabilmente una delle cose più azzardate che io abbia mai fatto.
“Imprese e basta. Dov'è il capo?”. Ed ho l'impressione che l'infiltrato si sia spostato alle mie spalle pronto a colpirmi.
“Ci interessa il Progetto 307”, dice quello buono con un sorriso. Mettendosi tra me e l'infiltrato.
“Non risponde, non risponde”, urla dall'ufficio di fianco il mio collega.

“Prova a chiamare Michela - dico al collega - mi sembra sia lei la responsabile del progetto”. Le armi rientrano temporaneamente nella fondina.
Attimi di tensione. Il telefono squilla a lungo. Finalmente qualcuno risponde. Il collega fa un cenno di assenso.

“Abbiamo trovato chi ha i documenti – dico al cattivo, pesando le parole – solo, mi dispiace, dovreste tornare alla sede centrale. Il fascicolo è lì.”
“Ma noi cerchiamo Sviluppo Economico – ringhia facendo un passo verso di me – è questo?”.
“Sì, il Settore è questo. Ma qui ci occupiamo di agricoltura". Gli mostro la giugulare, per calmarlo.
"Nella sede centrale c'è chi si occupa di attività produttive ed ha seguito questo progetto”, aggiunge il mio collega dall'ufficio di fianco. Ma basta uno sguardo al manganello perché riprenda a mormorare, sempre più fievolmente, "Non risponde, non risponde" guardando nel vuoto.
“Qui c'è o no documentazione relativa al progetto?”. L'infiltrato scivola di nuovo dietro di me.
Sento il suo fiato.
Guardo il cattivo, poi guardo il buono. Cerco un po' di coraggio.
“No.”, con un filo di voce.
“Siamo sicuri?” e sento la cipolla cruda che l'infiltrato ha mangiato ieri, la sento dall'orecchio.
“Sì – sottolineo con convinzione e cenni del capo - perché qui ci occupiamo solo di aziende agricole. Non di questo progetto. Mentre in sede... vi faccio vedere l'organigramma?”.
“Abbiamo capito”. Si guardano tra di loro, io intanto mi metto a uovo per proteggermi. Il collega trattiene il respiro mentre scivola sotto la scrivania.
Ad un cenno del cattivo vanno via, senza salutare e con passi rumorosi lungo il corridoio buio.

Varcato l'ingresso le prime porte iniziano ad aprirsi. Lame di luce riportano il giorno, nell'aria il rosario di Radio Maria. Come sempre alle 11, la mia collega Tina ci tiene tanto.
Ci abbracciamo tutti.

Arrivano i dirigenti.


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