In un campo di calcetto a metà degli
anni '90 il mediano intercetta un passaggio orizzontale troppo
molle. Alza la testa e lancia sulla fascia sinistra l'ala che prima
ancora che la palla parta già s'invola. Impatta la traettoria sulla
tre quarti e calcia di prima,
di interno sinistro, leggermente a giro. Il pallone corre veloce
verso il centro dell'aria di rigore. La squadra avversaria
presa in contro tempo fatica ad organizzare la difesa. Nello
smarrimento generale fulmineo si inserisce l'attaccante, prende un
passo allo stopper e sul dischetto si coordina per il tiro.
La palla ruota su se stessa sfiorando
il campo in gomma. Come una rasoiata taglia il semicerchio dell'area
di rigore e la difesa. Taglia anche riflessioni e desideri dell'attaccante,
dell'ala e del mediano che nell'attimo di attesa prima del fatale
impatto hanno il tempo di pensare.
Il mediano pensa al torneo
universitario iniziato per scherzo perché in palio c'è un viaggio
in Croazia. Pensa al testo di filosofia ermeneutica di cui capisce poco, su cui
ha passato l'inverno chiuso in casa. Pensa a quello che l'ha
bocciato, consigliandogli, alla sua età, di cercarsi un lavoro.
Pensa al fatto che in quel momento, all'ultima partita, sono in testa
al girone. Pensa alle croate.
L'ala pensa al paesino del sud dal
quale è arrivato l'ottobre prima. Pensa alla nebbia che non aveva
mai visto, ai mesi passati a mangiare pasta col tonno in scatola e ai
chilometri in bicicletta per andare a lezione. Pensa agli amici di
giù che non vede da troppo. Pensa che basta un pareggio e si finisce
primi. Pensa alle croate.
L'attaccante pensa al 30 preso la
settimana prima in Diritto privato, lo stronzo neanche gli ha dato la
lode. Pensa al Giangi e al Pigi da chiamare per organizzare il
weekend ad Amsterdam. Pensa ai gol fatti e alla classifica cannonieri
affissa in bacheca all'università in cui primeggia. Pensa alla
biondina conosciuta la sera prima al Porto di Mare.
La palla rimbalza sul campo e veloce
schizza verso l'attaccante. Lo stopper da dietro tenta con
goffa scoordinazione un recupero impossibile. Il portiere,
consapevole del peggio, si piega sulle ginocchia per rendere con un
atletico tuffo almeno onorevole la disfatta.
L'attaccante decide di calciare di
destro. Con maestria rallenta, si appoggia all'esausto difensore per
sfruttarlo come appoggio per il successivo slancio. Fa leva sul
potente polpaccio sinistro, scolpito dallo sforzo, e lancia la
zampata.
La palla dopo il rimbalzo, spinta dalla
forza di gravità e dal destino, cade verso l'interno destro proteso
dell'attaccante. Una spizzata potente che precisa andrà ad
insaccarsi nell'angolo alto alla sinistra del portiere, pensano il
mediano, l'ala e l'attaccante.
La palla colpisce il piattone e si
indirizza decisa. Il portiere, spiazzato, si tuffa, ma dal lato
sbagliato. La palla gira su se stessa, acquista velocità, punta
verso l'alto.
Gira un po' troppo, si impenna
eccessivamente, veloce e potente s'infrange sul muro dietro la porta,
due metri sopra la traversa.
L'attaccante impiega un secondo prima
di voltarsi e iniziare la leggera corsa verso il centrocampo. Incrocia con lo sguardo il mediano e
l'ala, silenti e abbattuti.
“Era lunga”, dice seccamente. Una
goccia di sudore gli scende lungo la tempia.
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