domenica 10 agosto 2014

Era lunga


In un campo di calcetto a metà degli anni '90 il mediano intercetta un passaggio orizzontale troppo molle. Alza la testa e lancia sulla fascia sinistra l'ala che prima ancora che la palla parta già s'invola. Impatta la traettoria sulla tre quarti e calcia di prima, di interno sinistro, leggermente a giro. Il pallone corre veloce verso il centro dell'aria di rigore. La squadra avversaria presa in contro tempo fatica ad organizzare la difesa. Nello smarrimento generale fulmineo si inserisce l'attaccante, prende un passo allo stopper e sul dischetto si coordina per il tiro.

La palla ruota su se stessa sfiorando il campo in gomma. Come una rasoiata taglia il semicerchio dell'area di rigore e la difesa. Taglia anche riflessioni e desideri dell'attaccante, dell'ala e del mediano che nell'attimo di attesa prima del fatale impatto hanno il tempo di pensare.

Il mediano pensa al torneo universitario iniziato per scherzo perché in palio c'è un viaggio in Croazia. Pensa al testo di filosofia ermeneutica di cui capisce poco, su cui ha passato l'inverno chiuso in casa. Pensa a quello che l'ha bocciato, consigliandogli, alla sua età, di cercarsi un lavoro. Pensa al fatto che in quel momento, all'ultima partita, sono in testa al girone. Pensa alle croate.

L'ala pensa al paesino del sud dal quale è arrivato l'ottobre prima. Pensa alla nebbia che non aveva mai visto, ai mesi passati a mangiare pasta col tonno in scatola e ai chilometri in bicicletta per andare a lezione. Pensa agli amici di giù che non vede da troppo. Pensa che basta un pareggio e si finisce primi. Pensa alle croate.

L'attaccante pensa al 30 preso la settimana prima in Diritto privato, lo stronzo neanche gli ha dato la lode. Pensa al Giangi e al Pigi da chiamare per organizzare il weekend ad Amsterdam. Pensa ai gol fatti e alla classifica cannonieri affissa in bacheca all'università in cui primeggia. Pensa alla biondina conosciuta la sera prima al Porto di Mare.

La palla rimbalza sul campo e veloce schizza verso l'attaccante. Lo stopper da dietro tenta con goffa scoordinazione un recupero impossibile. Il portiere, consapevole del peggio, si piega sulle ginocchia per rendere con un atletico tuffo almeno onorevole la disfatta.

L'attaccante decide di calciare di destro. Con maestria rallenta, si appoggia all'esausto difensore per sfruttarlo come appoggio per il successivo slancio. Fa leva sul potente polpaccio sinistro, scolpito dallo sforzo, e lancia la zampata.

La palla dopo il rimbalzo, spinta dalla forza di gravità e dal destino, cade verso l'interno destro proteso dell'attaccante. Una spizzata potente che precisa andrà ad insaccarsi nell'angolo alto alla sinistra del portiere, pensano il mediano, l'ala e l'attaccante.

La palla colpisce il piattone e si indirizza decisa. Il portiere, spiazzato, si tuffa, ma dal lato sbagliato. La palla gira su se stessa, acquista velocità, punta verso l'alto.

Gira un po' troppo, si impenna eccessivamente, veloce e potente s'infrange sul muro dietro la porta, due metri sopra la traversa.

L'attaccante impiega un secondo prima di voltarsi e iniziare la leggera corsa verso il centrocampo. Incrocia con lo sguardo il mediano e l'ala, silenti e abbattuti.

“Era lunga”, dice seccamente. Una goccia di sudore gli scende lungo la tempia.

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