mercoledì 17 aprile 2013

Il peccato originale

La ruota, sfregando sul parafango, risuona come una fresatrice. La catena è arrugginita. Il cerchione anteriore ovalizzato. I pattini dei freni sono consumati.  La vista è annebbiata dal sole. A distanza svetta il palazzo bianco che ospita il mio ufficio. Ingobbito spingo sui pedali.

Improvvisa una folata di vento. Un'ombra veloce mi sorpassa. Con l'occhio che a fatica si abitua, la vedo. Ritta ed elegante. Gambe lunghe pedalano senza sforzo. L'aria si apre in due e lei scivola via,
spinta dagli angeli. Le fanno da velo morbidi capelli biondi con leggeri striature più scure.

Mi anticipa nel parcheggio delle bici e per un attimo si volta verso di me. Di una bellezza sacra e profana allo stesso tempo. Come quella di certe Madonne rinascimentali. E' la mia Lucrezia Buti, e per un attimo mi sento Fillippo Lippi.


Litigo con la tasca per le chiavi del lucchetto. Il peccato originale è non averle tenute nella giacca. Il tempo di maledire e lei è già scomparsa.

L'ascensore di destra sale sino all'ultimo piano.
Con quello di sinistra scendo nell'interrato.

2 commenti: